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“Chavez è l’unico presidente che ha ridato un volto al popolo venezuelano”

17. February 2006

Barinas, Venezuela, 2 febbraio 2006
Dalla Festa per la Consegna dei “Derechos de pemanencia”.

Tra la fine di gennaio e gli inizi di febbraio
una delegazione europea del Campo Antimperialista si e’ recata in
Venezuela, in quanto siamo stati tra i promotori, assieme ad altri
movimenti rivoluzionari venezualani, del primo Campo Bolivariano
Antimperialista, svoltosi nel barrio 23 de Eñero a Caracas.
Evento che ha avuto pieno successo e svoltosi parlallelamente al Forum
sociale dell’America latina —quello in cui Chavez ha
lanciato il suo accorato appello alla formazione di un Fronte
internazionale antimperialista.
Quanto prima pubblicheremo un rapporto dettagliato su questo Campo.
Una parte della delegazione, tra cui alcuni italiani, si e’ anche
recata a Barinas, in una zona rurale del paese dove venivano consegnate
le terre ai contadini poveri.
Questo e’ il resoconto dell’evento.

***

Il titolo di proprietà  della terra, chiamato giuridicamente “diritto di permanenza”,
ਠstato consegnato oggi giovedଠ2 febbraio duemilasei, a
tantissime cooperative di contadini, passando dalla mano dello Stato di
Chavez alle mani sudate e stanche di persone che per troppo tempo hanno
tenuto questo sogno nascosto in un polveroso cassetto di speranza.

Io
ero presente come delegata del Campo Antimperialista ed ho visto le
lacrime dei “campesinos” trasformarsi finalmente in lacrime
di gioia, pronte a far risplendere i loro volti come scintille nella
banalità  del mondo: erano talmente coinvolgenti che anche
scrivere parole su un foglio bianco di carta non puಠavere un
senso: perchà© le emozioni non si possono trasmettere con lettere
combinate come in una fantasia moleco-lare, perchà© le emozioni
si vivono un istante e poi restano dentro come un pilastro difficile da
costruire ancora una volta con gli stessi frammenti di passione. La
passione, descrivibile oggi in ogni sua forma, come poche volte nella
vita si puಠfare, ਠquella sensazione che ti coinvolge e
ti rende perfetto, pieno di buoni auspici e di intenzioni cordiali, la
stessa che ti prende e ti scaglia contro le banalità  del mondo e
che da sempre alimenta l’anima della Rivoluzione: perchà©
le due cose sono nate l’una con l’altra.

Non esiste Rivoluzione senza passione.

L’INTI
(Istituto Nacional de Tierras), con i suoi rappresentanti ha chiamato
sotto al palco una ad una le cooperative per consegnare loro il
“foglio” che gli darà  il diritto di coltivare quella
terra in cui sono nati, quella terra a lungo tenuta improduttiva dei
grandi proprietari terrieri e che lo Stato del Presidente Chavez ha
ripreso nelle sue mani con la politica di abolizione del Latifondo. Le
parole di ogni rappresentante echeggiano sotto il cielo grigio di una
giornata qualunque fino a scorgere di nuovo un raggio di sole sincero,
allegro come la musica che accompagna la festa.
“Qui stiamo rivendicando ciಠche per molti anni ci
ਠstato negato, si sta rivendicando la lotta del movimento
contadino” grida Ramon Virigay, membro della cooperativa Los
Angeles che ਠla cooperativa referente a livello nazionale del
movimento.

“Qualcuno
non vuole che il movimento avanzi, perchà© stiamo toccando
interessi di comuni e sindaci corrotti, di giunte circoscrizionali che
non stanno dalla nostra parte e che non vogliono lavorare con noi;
perಠil movimento contadino deve continuare a lavorare per
questa finalità  perch੠ਠvitale: ਠnostro
dovere stare vicini e lottare con Chavez. Il progetto politico che
c’ਠin Venezuela deve iniziare da noi e con noi, i
contadini, perchà© a volte non siamo capaci di autositmarci; con
il nostro lavoro abbiamo fatto vivere bene tutti coloro che ci hanno
sfruttato, coloro che hanno mangiato alle nostre spalle e che da sempre
ci hanno umiliati.”
Le parole di Ramon, rimbombano come un tuono di buone intenzioni
fra i mille volti di persone finalmente in possesso non solo di un
foglio di carta, ma di una personalità  e di una dignità 
che già  avrebbero dovuto far parte dell’immenso bagaglio
storico di questi popoli, e stimolano Edur Machado, il funzionario
responsabile della consegna dei titoli di
“proprietà ” della terra, che continua ad incalzare i
sentimenti dicendo: “Noi siamo qui a rivendicare la lotta
contadina, che per molti anni ਠrimasta in letargo per colpa
della politica consenziente con i latifondisti. Oggi grazie al
Governo Chavez stiamo consegnando titoli di permanenza agli occupanti
precari che non avevano nessun diritto sulla loro terra, non avevano
accesso al credito ed ai finanziamenti, perchà© non avevano
nessun documento che dava loro dei diritti: oggi stiamo rivendicando
questa lotta, fatta nel piano nazionale del governo con la lotta al
latifondo”.

Nella
varietà  dei colori dei manifesti appesi fra gli alberi e vicini
al palco, si vedono i nomi delle delegazioni presenti: Los Guajiros,
“Puro Amor” de San Rafeal de Canagua,Taguaripe, Comunidad Organizada la
Pradera, Asociacià³n cooperativa Fà©nix, Tacamajaca, El
Renacer, ed
infine il Frente Nacional Campesino Ezequiel Zamora, invitato sul palco
con i rappresentanti della delegazione internazionale fra cui io e
Pablo del Movimento dei lavoratori disoccupati dell’Argentina.
Veniamo accolti con un lungo applauso, con sorrisi veri e osannati per
aver avuto la costanza di arrivare fino là , cosଠdistanti
dalle nostre realtà  quotidiane, per condividere quella giornata
di festa che vede un unico obiettivo comune, trasversale
geograficamente: dall’Europa all’America Latina.
Guardando
la folla dall’alto non posso non pensare a quanto possiamo dare a
questo processo rivoluzionario, quanto possiamo fare, con un piccolo
sforzo autentico e sincero, per lanciare ogni dove il messaggio della
povertà  che si ribella, che non ce la fa più, che vuole
conquistare ancora la coscienza di tutti con la parola d’ordine:
umanità  giusta.
Mi sono tornate in mente le manifestazioni fatte negli anni novanta
in Peru, dove mi trovavo per motivi familiari, ed ho scorto una
differenza sostanziale: le parole d’ordine sono cambiate, questa volta non si tratta di distruggere qualco sa, ma di COSTRUIRE INSIEME.

Costruire
un nuovo mondo che abbia fondamenta tanto solide quanto grandi, una
società  che finalmente sia giusta, ma che ha bisogno allo stesso
tempo di essere curata e di essere seguita in ogni suo passo per non
rischiare di trovare incidenti di percorso dettati da quel potere
occulto, che entra come una spina di maledizioni in ogni angolo di
Paradiso e in ogni modo.
E’ anche nostro dovere partecipare ad un processo che sta
concretizzando tutto ciಠper cui abbiamo speso energie e sudore,
à¨
nostro dovere essere presenti e rispondere all’appello che Chavez
ha lanciato a tutti coloro che lottano contro il potere subdolo di un
imperialismo che degli esseri umani sa fare solo carneficina e che
vuole conquistare questo mondo che tanto ci ਠcaro. Non
avrei mai creduto di poter vedere tutto questo, adesso, proprio quando
sul nostro piccolissimo pianeta si scatenano processi di condanna a
coloro che della libertà  vogliono farne il vessillo da sfoggiare
come arma migliore del genere umano; non avrei mai creduto di avere
davanti agli occhi tanto amore e tanta voglia di costruire
l’alternativa vera, a cui tutti aspiriamo.
Prima di sbarcare all’aeroporto di Caracas ero scettica, come
tanti altri, non avevo idea di ciಠche realmente stesse
accadendo in questo paese dalle mille risorse, non volevo aprire gli
occhi perchà© continuavo a sottovalutare il lavoro di queste
folle di “rivoluzionari”, e non ero preparata a questo
susseguirsi di emozioni e impulsi reali. Nei giorni trascorsi alle
riunioni organizzative dei gruppi che hanno partecipato al campo
bolivariano nel barrio 23 enero di Caracas, non si respirava la stessa
aria, questa aria nuova, fatta di poche parole e di fatti concreti,
questa aria cosଠpulita e giovane, piena di buoni odori e sapori
impossibili da trasmettere a chi leggerà  queste righe scritte
come un reporter di circostanza.

Adesso
dentro di me ci sono miliardi di parole confuse scagliate a caso contro
una tastiera di un personal computer, ma ben ordinate restano impresse
nella mia mente le parole di una donna, Augustina Gucurù
Zambrano che ਠstata una beneficiaria del titolo di permaneza:
“Ora mi sento più sicura, perchà© se non mi
tormenteranno più i terratenenti, posso lavorare tranquilla,
come ho sperato per anni. Come posso dire di non essere felice? Chavez ਠl’unico presidente che ha ridato un volto al popolo venezuelano”.

Vorrei
da qua, lanciare un appello a tutti coloro che ancora non hanno capito
cosa sia la lotta contadina, vorrei dire loro che dalla terra parte
l’intera umanità  e che la parola più giusta da
usare ਠ“MADRE TERRA”.

Quella
“madre terra” riportata non a caso nei poemi, descritta da
San Francesco nel Cantico delle Creature, nel Corano cosଠcome
negli occhi dei monaci buddisti, descritta cosଠbene ed adorata
dai riti animisti e vodoo dell’Africa Equatoriale: quella madre
che unisce veramente tutti i figli, senza distinzioni di pelle, di
fisionomie.

Le
emozioni sono difficili da trattenere, perchà© anche queste fanno
parte della storia, sono la mina scatenante dei conflitti e della lotta
per la giustizia, l’uguaglianza e la libertà . Libertà  di “essere umani”,
di poter vivere la vita per gli altri e con gli altri, per arrivare a
scrivere su un murales la parola dignità  e renderla propria,
come nella migliore delle favole con un finale che puಠsolo
rendere verità  i sogni della gente.

Anika 

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