Testo di Aldo Bernardini.
14 Febbraio 2006
Un grande dirigente rivoluzionario dell’inizio del secolo scorso, oggi 
criminalizzato, sostenne che un partito comunista deve essere non autonomo 
(ciಠche rimanda a qualche principio generale o cornice condivisa con 
altri), bensଠindipendente. La verità  di questo assioma si verifica oggi in 
modo pieno, quando coloro che, pur volendosi chiamare ancora “comunisti”, 
partecipano della criminalizzazione di quel dirigente e si fanno portatori 
di teorie del tutto contrastanti con fondamentali principii del marxismo 
(come, ad esempio, elevando la non violenza a dogma): essi finiscono nel 
campo avverso, e cioਠnell’imperialismo. Anche se questo nascondono, non 
parlando più di imperialismo e implicitamente negandone la categoria.
Ciಠviene messo allo scoperto da alcuni punti del programma elettorale dell’Unione, 
che non si intende qui analizzare compiutamente per la parte di politica 
estera (qualche piccola acquisizione positiva, ma diversi svarioni e 
soluzioni ambigue o dubbie). Si vuole invece esaminare anzitutto un punto, 
quello dell’Iraq. “Consideriamo la guerra in Iraq e l’occupazione un grave 
errore. Essa non ha risolto, anzi ha complicato il problema della sicurezza. 
La guerra, avviata in violazione della legalità  internazionale.”. Dopo 
questa condivisibile premessa, ecco una conseguenza aberrante che ne viene 
tratta e che implica la condivisione e la legittimazione dei seguiti dell’aggressione-occupazione, 
costituente crimine internazionale di gravità  estrema: sarebbe necessaria “l’internazionalizzazione 
della gestione della crisi irakena. da realizzarsi con la presenza di un’autorità  
internazionale (ONU) che superi l’attuale presenza militare e che affianchi 
il governo irakeno [sic! – n.d.r.] nella gestione della sicurezza, del 
processo di transizione democratica e della ricostruzione. Se vinceremo le 
elezioni, immediatamente proporremo al Parlamento italiano il conseguente 
rientro dei nostri soldati nei tempi tecnicamente necessari, definendone, 
anche in consultazione con le autorità  irakene [ancora sic! – n.d.r.], al 
governo dopo le elezioni governative del dicembre 2005, le modalità .”. Per 
arrivare “a consegnare agli irakeni la piena sovranità  sul loro paese”. 
Sovranità  che dunque evidentemente oggi non vi à¨.
Il peggio del peggio. Con la presa in giro, attraverso giochi di parole, 
degli elettori e di chi ha qualche competenza e consapevolezza. Se con 
qualcuno ਠinevitabile parlare, per l’immediato ritiro delle truppe 
italiane, non puಠtrattarsi che degli occupanti, al cui fianco sono state 
poste le truppe italiane, e cioਠdegli anglo-americani, di cui sul piano 
diplomatico il nostro paese ਠalleato. Ovviamente non per chiedere permessi, 
ma per annunciare il ritiro da quella che finalmente in questo modo verrebbe 
riconosciuta come partecipazione al crimine internazionale. Questo anzitutto 
perch੠ਠmassima generale che si tratta con il padrone e non con il servo. 
Più specificamente, perchà© trattare con le c.d. “autorità  irakene”, anche 
dopo le c.d. elezioni del dicembre 2005, vuol dire trattare con un governo 
quisling (lo fa tralucere il programma stesso dell’Unione, quando parla 
giustamente di occupazione e quando riconosce che non vi ਠ“piena 
 sovranità “). Il riferirsi al governo quisling (si scelga a piacere Vichy o 
Salà², e non si obietti che qui ci sono state elezioni.) distrugge tutte le 
apparenti buone intenzioni. Si entra completamente nel gioco degli 
aggressori-occupanti, che appunto stanno portando avanti nella logica 
imperialistica la mistificazione di un Iraq “indipendente e sovrano”, ma da 
loro conformato. E naturalmente si delegittima la Resistenza irakena, che 
nel suo nucleo fondamentale costituisce, in quanto preparata prima dell’aggressione, 
continuazione della guerra di difesa dell’Iraq aggredito e comunque 
espressione del diritto di autodeterminazione, assolutamente cogente sul 
piano internazionale.
Questa posizione dell’Unione appare dunque gravissima e del tutto vano ਠil 
richiamo all’ONU, che dovrebbe intervenire, naturalmente sempre contro la 
Resistenza irakena. Non esito ad affermare che si tratta di una mostruosità  
giuridica e politica, portata avanti in spirito di rinnovato colonialismo 
nel quadro dell’aggressione imperialistica ai paesi del c.d. Terzo Mondo: 
non dimentichiamoci che l’ONU, e gli irakeni ne sono ben consapevoli, da un 
certo punto in poi ha avallato le posizioni degli aggressori.
Queste vere e proprie farneticazioni sono state purtroppo sottoscritte anche 
da R.c.. Un partito che si asserisce “comunista”, ma che nel suo filone 
principale ha abbandonato completamente ogni essenziale principio comunista. 
E, per ricollegarsi all’inizio di questo discorso, quello dell’indipendenza. 
R.c. ha sposato le fondamentali posizioni dell’imperialismo, alle quali 
oppone semplicemente un contrasto sulle modalità .
La polemica di Bertinotti con Marco Ferrando (un compagno trotzkista, da cui 
molto mi divide) ਠrivelatrice. Ferrando sostiene che l’attacco agli 
italiani a Nassirya ਠstato un legittimo atto di resistenza irakeno. 
Bertinotti, scordandosi che si tratta di truppe di occupazione che egli 
stesso dice doversi ritirare, strepita facendo la solita voluta confusione 
tra Resistenza e terrorismo. E allora Pietro Micca sarebbe un terrorista e 
terroristico sarebbe l’attentato di Via Rasella! Mi tocca trincerarmi, a 
fronte di Bertinotti, dietro Giulio Andreotti che il 6 febbraio scorso nella 
mia Facoltà  a Teramo ha decisamente sostenuto che gli atti di una guerra di 
liberazione sono in principio distinti dal terrorismo, rievocando il Fronte 
di liberazione algerino. Fausto Bertinotti, non sapendo come districarsi, 
rimette in gioco le sue escogitazioni sulla non violenza: “E’ del tutto 
evidente che c’ਠun diritto alla resistenza contro gli occupanti, ciಠdetto 
la nostra scelta non violenta ci consente di guardare alle diverse forme di 
resistenza partendo da due elementi. Primo noi alziamo un muro nei confronti 
del terrorismo. Vanno privilegiate alcune forme di resistenza: le donne che 
in Iraq sfilavano per la liberazione di Giuliana Sgrena. E anche il voto ਠ
stato una forma di resistenza. Se invece si enfatizza l’elemento armato, 
facendolo diventare il punto più alto della resistenza, si fa un discorso 
che ਠradicalmente incompatibile con la linea politica del nostro partito” 
(dal “Corriere della Sera” del 14 febbraio 2006). Ecco dove si arriva quando 
si nega l’esperienza rivoluzionaria del secolo scorso e la figura di Stalin. 
A sostenere posizioni anzitutto semplicemente assurde e direi casuali, poi 
ad inserirsi nel gioco dell’imperialismo (il richiamo al voto degli 
irakeni), quindi a predicare la smobilitazione degli oppressi: ve lo 
immaginate che impressione farebbero agli anglo-americani (che usano bombe 
da 900 Kg., armi al fosforo e stanno predisponendo basi gigantesche) gli 
irakeni resistenti con digiuni, novene, prediche e simili. Se non vi fosse 
la Resistenza armata in Iraq, la conquista di questo paese da parte dell’imperialismo 
sarebbe completa e la svendita delle risorse naturali definitiva, mentre l’imperialismo 
avrebbe passo libero per altre aggressioni. Ma se Fausto Bertinotti ਠcontro 
la violenza in modo assoluto (ed astratto), come fa a sottoscrivere un patto 
elettorale in cui si procede dalla indiscutibile alleanza con gli Stati 
Uniti, che sono i maggiori portatori della violenza in tutto il pianeta? Si 
tratta proprio di contraddizioni abnormi, che rivelano su quale falsa strada 
si stia marciando.
Altro elemento di durissima polemica contro Marco Ferrando, e anche questo 
espresso nel patto elettorale dell’Unione, ਠla questione della soluzione 
del conflitto palestinese-israeliano sulla base del principio “due popoli, 
due Stati”. Sappiamo che questa ਠla soluzione ormai diventata senso comune, 
accettata anche dalla autorità  palestinese oggi sconfitta elettoralmente per 
la vittoria di Hamas. Ma ਠincredibile che tale soluzione sia trattata alla 
stregua di un dogma: la possibilità  di studiare sul piano giuridico e su 
quello politico altre formule, ad es. quella dello Stato binazionale, non 
puಠessere considerata blasfema se non da chi si ਠreso subalterno al gioco 
dell’imperialismo.
Marco Ferrando ha posto dei problemi seri, che vanno considerati seriamente 
e non sulla base di dogmatici tabù imposti da esigenze elettorali che mai 
dovrebbero impedire la libera discussione e il libero esame.
Aldo Bernardini
14 febbraio 2006