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Notiziario del Campo Antimperialista … 30 marzo 2006

30. March 2006

Questo Notiziario contiene:

1. HA VINTO IL 18 RUOTA DI ROMA
2. E-LEZIONI
3. FRANCIA: IL MOVIMENTO DEI “BIANCHI”
E I “FASCISTI ARABO-AFRICANI”1. HA VINTO IL 18 RUOTA DI ROMA

Ci e’ capitato di leggere le parole piene di
soddisfazione con cui
Nella Ginatempo, di Bastaguerra di Firenze ha
commentato
la manifestazione del 18 marzo a Roma.

“Avevamo
ragione noi di Bastaguerra, noi dell’Assemblea del movimento contro la
guerra, noi dell’arcipelago delle microassociazioni che dai territori
hanno seguito tutto il percorso, hanno fatto riunioni, assemblee,
volantini, banchetti e tavolini, telefonate, mail. Sapevamo che la
nostra gente sarebbe ritornata ancora una volta in piazza a difendere
la nostra idea, l’idea che la politica italiana deve ruotare di
180° nei rapporti con gli altri popoli, per il disarmo e la
giustizia internazionale. La nostra gente ਠritornata: siamo
stati orfani dei partiti che hanno più potere nel
centrosinistra, orfani della tavola della pace, orfani della Cgil che
si ਠsfilata via dal corteo. E nonostante questo, con
tenacia, lungimiranza, maturità  politica e grande senso di
responsabilità  tutte quelle migliaia di persone hanno portato
gli striscioni e le bandiere, contro il blackout mediatico, contro i
sabotaggi politici, contro le manovre sporche del governo e di chi
cerca di infangare o di affossare il movimento controlaguerra. E ce
l’abbiamo fatta, possiamo contare su di noi, sulla nostra
autonomia, sulla nostra saggezza, sulla nostra verità . Nello
striscione di testa non c’erano leaders di partiti ma solo gli
attivisti e le attiviste che hanno organizzato questa giornata. (…)
Gramsci diceva che la verità  à¨ rivoluzionaria e diceva
anche che elemento fondamentale per gli intellettuali organici al
movimento operaio ਠla connessione sentimentale con la
realtà  popolare. Possiamo ben dire allora che il comitato
promotore del 18 marzo, di cui con orgoglio Bastaguerra ha fatto parte,
merita il titolo di intellettuale organico”.

C’e’ della
verita’ in questo bilancio, ma anche una dose eccessiva
autostima, che serve sia a nascondere un’altro pezzo di
verita’ che ad evitare di compiere un bilancio piu’
profondo. Visto il ciclo politico di riflusso, in effetti, la
manifestazione e’ stato un sicuro successo. Ma il successo,
almeno dal nostro punto di vista non sta solo nei numeri ma nel profilo
della manifestazione. Se e’ vero che la gran parte dei pacifisti
di maniera, cattolici o demo-ulivisti non c’erano, e’ un
fatto che questa loro assenza e’ stata controbilanciata da una
piu’ alta e ampia consapevolezza politica. Solo due anni fa si
marciava all’insegna dello slogan equiovoco “no alla guerra
no al terrorismo”, mentre chi sosteneva la Resistenza del popolo
iracheno era una piccola minoranza. Bastava guardare striscioni e
bandiere, parlare con i manifestanti per rendersi conto che il
movimento contro la guerra ha si perso i suoi pezzi moderati ma
e’ politicamente cresciuto. L’area di simpatia e di
appoggio non solo al poopolo palestinese ma anche a quello iracheno,
e’ cresciuta, decuplicata. Questo i latitanti lo sapevano bene, e
per questo non sono venuti. Una volta fallito il tentativo di mettere
il loro cappello pseudo-pacifista hanno applicato una evidente politica
di sabotaggio. E hanno fallito una seconda volta. La manifestazione del
18 e’ qquindi un doppio successo: per I nmeri ma anche per la sua
qualità  politica. Noi abbiamo fatto la nostra parte e molti ce
ne hanno dato atto. Alla fine, assieme ad altri settori
antimperialisti, abbiamo dato la parola ad un rappresentate della
Resistenza, e lo abbamo fatto prpri a P.zza Navona, davati a migliaia
di manifestanti. Ci sia permesso di dire che questo e’ stato
l’atto politico piu’ significativo avvenuto in questa bella
manifestazione. Noi siamo quindi doppiamente soddisfatti di come sono
andate le cose.
Tuttavia sara’ bene guardare in faccia alla realta’ e
leggere meglio lo stato di salute del movimento contro la guerra. Il
fatto che esso abbia subito un processo di selezione e di crescita
politica non inficia che esso conosca una crisi. Una crisi seria, non
una febbricciola. L’abbandono della mobilitazione da parte dei
pacifisti-fondamentalisti, dei pacifisti cattolici, degli
pseudo-pacifisti di centro-sinistra non e’ passeggero. La
frattura determinatasi ha ragioni profonde ed e’ irreversibile.
La sfrontatezza con cui l’impero accelera e inasprisce la sua
imperialistica “guerra di civilta'” sta infettando
l’Europa e scavando solchi profondi. Un’assordante campagna
mediatica tendente a presentare le Resistenze come terroriste e
fondamentaliste ha gia’ spostato larghe fette di oipnione
pubblica sul fronte belicista e razzista. D’altra parte,
l’iiminente ingresso della sinistra di sistema nella stanza dei
bottoni, spinge questa “sinistra” a sprofondare nella
imperialistica realpolitik e a recepire i sentimenti piu’ retrivi
dell’opinione pubblica sciovinista, sicuritaria e reazionaria.
Verranno tempi piu’ difficili, verranno tempi in cui, in piazza
saremo ancora di meno. Il processo di selezione, anche se lo si volesse
evitare, si accentuera’. La sinistra al governo non solo non
promette nulla di buono, essa fara’ della normalizzazione sociale
il suo cavallo di battaglia. Se e’ stato facile lottare contro
Berluscone sara’ invece piu’ difficile coi suoi
contendenti. Il fondo non l’abbiamo dunque toccato, ce lo
fara’ toccare il centro-sinistra che agira’ come uno
tsunami, sotterrando cio’ che I movimenti hanno saputo costruire,
mandando a casa decine di migliaia di attivisti disillusi. Vedremo chi
sapra’ resistere e tenere le sue posizioni guardando piu’
avanti.

………………….
2. E-LEZIONI

Certi ci criticano accusandoci di preferire “la
politica del tanto peggio tanto meglio”. Sono quelli che
turandosi il naso andranno a votare il 9 e il 10 aprile per qualche
cespuglio dell’Unione. Parigi val bene una messa, dicono. Ovvero:
l’Unione fa schifo, ma l’importante e’ cacciare
Berlusconi. Ci ritorna in mente la famosa metafora denghista ai tempi
della rivoluzione culturale: “Non importa di che colore e’
il gatto, l’importante e’ che acchiappi i topi”.
Tutti sanno cosa e’ andata a finire. Centinaia di milioni di
proletari vivono come topi, mentre il gattino e’ diventato una
vorace tigre capitalista. Ma ci vengono in mente anche le ultime
presidenziali francesi quando, pur di evitare che Le Pen diventasse
presidente, quasi tutte le sinistre si suicidarono votando Chirac. Il
“male minore”, dissero. Molti francesi si sono pentiti per
aver appoggiato uno che poi li ha presi a pesci in faccia.
Coloro che ci criticano dicono anche che abusiamo del principio tattico
per cui occorre anzitutto colpire il “nemico principale”.
Il “male minore”, il “naso turato”.. mentre
questi luoghi comuni vengono eretti a stelle polari della politica, Dio
ce ne scampi dal discorso del “nemico principale” ! I
nostri critici non si avvedono che essi si turano il naso e votano per
il male minore proprio nella misura in cui considerano Berlusconi il
nemico principale. Ma proprio qui sta il problema. La tesi che
Berlusconi sia il nemico principale non regge un attimo se consideriamo
davvero la stuazione politica. La verita’ e’ che il ciclo
del cavaliere e’ chiuso, che le classi dominanti di questo paese
l’hanno mollato, che con le buone o con le cattive lo
sfratterrano da Palazzo Chigi. La verita’ e’ che il nemico
principale e’ proprio l’Unione, in quanto non solo
rappresenta più organicamente gli interessi delle classi
dominanti di questo paese, ma esercitera’ questa funzione
potendo contare sulla sua forza di dissuasione e di controllo del
conflitto sociale. Berlusconi, alla sua maniera ripugnante, parla dei
bambini cinesi bolliti per concimare i campi, ma proprio con questi
suoi exploit mostra che qui, se c’e’ uno bollito, e’
proprio lui. Non e’ la prima volta, ci si dira’, che operai
e padroni fanno convergere su un populista d’accatto le loro
antipatie e per cacciarlo dichiarano un cessate il fuoco momentaneo.
Vero. Ma qui e’ il contesto storico che e’ cambiato. Non si
vuole vedere che l’americanizzazione sociale e politica ha fatto
strada, che la sinistra non e’ piu’ quella anticapitalista
di una volta, ma che essa e’ diventata (coi cespugli radicali che
reggono il moccolo), una forza integralmente liberale, liberista e
imperialistica. Quando c’era un movimento operaio antagonista
un’avanzata dei suoi pur riformistici partiti era un colpo al
sistema. Oggi un’avanzata dell’Unione-Ulivo e’
l’atto piu’ forte di stabilizzazione del sistema medesimo.
Turarsi il naso e’ certo possibile, ma non si sfidi il buon senso
dicendo che il gesto e’ per prendere ossigeno. L’alibi dei
turatori di naso ਠinfine che quello di Berlusconi e’ un
regime e che siccome siamo, nostro malgrado, in un sistema bipolare,
batterlo alle elezioni significa abbattere questo regime medesimo.
Invece battere non significa abbattere. Non si vuole vedere che
l’americanizzazione che avanza significa non soltato che i due
poli sono complementari come lo sono i democratici e i repubblicani
negli USA (e infatti mentre Berlusconi si fregia della stima di Bush
gli altri vogliono addirittura sorpassarlo in americanismo
squagliandosi in un partito democratico a stelle e striscie). Non si
vuole vedere che il bipolarismo e’ un inganno poiche’ siamo
davanti ad un regime unico, unipolare, dato che i due schieramenti
hanno la stessa politica di fondo, che i loro stessi blocchi sociali,
imploso il movimento operaio-comunista, sono della stessa pasta, hanno
la medesima qualita’ borghese.
Sono infine proprio quelli che si turano il naso a dimostrare che
l’americanizzazione ha fatto passi da gigante. Essi non agiscono
piu’ ne’ come antagonisti e nemmeno come protagonisti.
Agiscono da tifosi, che difendono i colori sociali della loro squadra
non solo quando perde, ma anche quando il suo calcio e’ pietoso.
Agiscono da spettatori, fanno il tifo, si sbracciano, gesticolano,
rimbrottano, piagnucolano, senza avvedersi che la partita e’
combinata, che I loro pupilli si sono venduti, che solo
un’invasione di campo sarebbe l’unico gesto di
verita’ e di dignita’ politica e morale. L’invasione
e’ un gesto rischioso, decine di telecamere controllano gli
spalti, migliaia sono le guardie appostate. Chi te lo fa fare. Meglio
vedere la partita che ormai si e’ pagato il biglietto.
L’americanizzazione e’ passata non solo perche’
I piu’ trovano interessante una partita combinata; perche’
anche chi vede la truffa, invece di starsene a casa, andra’ allo
stadio che di quello spettacolo miserabile, in realta’, non
puo’ fare a meno.

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3. FRANCIA: IL MOVIMENTO DEI “BIANCHI” E I “FASCISTI ARABO-AFRICANI”

Il movimento di massa contro il Contratto di primo impiego
(CPE), quello che da ai padroni la facolta’ di licenziare senza
giusta causa i giovani neoassunti, sta scuotendo la Francia e facendo
barcollare il governo. Ancora una volta quel popolo da la sveglia a
quello europeo e riscatta il peccato di aver votato Chirac contro lo
spauracchio Le Pen. E’ una partita politica di eccezionale
importanza, in ballo non c’e’ solo un diritto:
c’e’ la sorte del liberismo, che in Francia ha devastato
forse piu’ che altrove. Protagonisti del movimento sono i
giovani, che sono tornati ad occupare strade e piazze, ricevendo
l’appoggio non solo delle sinistre ma di quel che resta del
vecchio movimento operaio. Un movimento di lotta spontaneo nel senso
piu’ vero della parola, che ha sorpreso la stessa estrema
sinistra e che sta sfornando una nuova e curiosa leva di avanguardie
sociali. Un evento che segue il successo contro la cosiddetta
Costituzione europea e la rivolta degli emarginati nelle periferie del
novembre scorso.
Ma ogni rosa ha le sue spine. La saldatura tra il movimento dei liceali
e i figli degli immigrati nelle periferie sembra non solo difficile ma
pregiudicata. In margine ai cortei, non solo quelli parigini, sono
infatti avvenuti scontri tra gli studenti anti-CPE e folti gruppi di
giovani immigrati, neri e maghrebini. La grande stampa francese ha
scatenato una cinica campagna di linciaggio contro questi
“casseurs” (spaccatutto) che si aggregano in coda ai cortei
per appiccare il fuoco a vetture e negozi e cercano solo lo scontro per
darle (e spessole danno!) ai CRS (celerini). Questi incidenti tra
studenti liceali e giovani immigrati sono un serio campanello
d’allarme, indicano che una frattura sociale tra proletariato e
ceto medio bianchi da una parte, e proletario di colore (africano e
maghrebino) dall’altra si ਠprodotta ed non si
sanera’ tanto facilmente. Solo va ricordato quanto denunciammo a
novembre, quando le periferie vennero messe a ferro e fuoco dai
rivoltosi e lo Stato le pose sotto assedio, arrestando migliaia di
giovani e dichiarando addirittura lo Stato d’emergenza. La
piu’ grande ondata di arresti mai avvenuta in Europa dopo la
guerra, la prima volta che uno governo sia giunto a dichiarare lo Stato
d’emergenza! A novembre denunciammo il fatto che quei giovani
furono lasciati soli, in pasto alla repressione. La frattura sociale,
se e’ frutto delle politiche liberiste dei goveni sinistra e di
destra, si e’ acutizzata proprio nelle settimane della rivolta,
quando anche le forze della sinistra francese stettero a guardare al
massacro degli emarginati e alla loro deportazione di massa nelle
galere. C’e’ anche questa spiegazione negli incidenti tra
liceali e “cassuers”. Se non soccorri chi ਠnella
merda non stupirti se merda ricevi. Ed e’ dunque gravissimo che
in certi blog e forum francesi alcuni “sinistri” siano
giunti a bollare i giovani emarginati come “fascisti
arabo-africani” supplicando la polizia si Sarkozy di proteggere i
cortei. Di questo noi parleremo al prossimo campo estivo, magari
ascoltando qualche protagonista. Nel frattempo pubblichiamo alcuni
stralci di una lettera di un compagno francese che di questi incidenti
e’ stato testimone. Non ne condividiamo tutti I concetti, ma si
tratta di una preziosa riflessione, che ci interroga tutti quanti.

“CASSEURS” O DISEREDATI?
Parigi, 25 marzo

“Casseurs”? Occorrera’ sbarazzarsi di questo
vocabolario. La questione non e’ quella dei
“casseurs”. Dei militanti autonomi o radicali sfasciano e
spaccano, o si confrontano coi CRS, non e’ questo cio’ di
cui parliamo. Ci sono dei diseredati che si guardano dallo spaccare
tutto. A cosa rassomigliano questi concreti “Casseurs”?
Ecco alcuni elementi sulle manifestazioni parigine. E’ una mia
testimonianza, non un’analisi.

  1. Sono dei giovani, molto giovani
    (13-18 anni all’apparenza). Essi provengono soprattutto dai
    quartieri poveri, dalle citta’ popolari attorno a Parigi, dalle
    periferie circostanti. Colori della pelle misti (si e’ obbligati
    di precisarlo oggigiorno quando si vede l’etnicizzazione
    mediatica. Vedi ad esempio chi parla di “kidnappers noirs et
    beurs* delle periferie”. In pratica questi sono I colori delle
    periferie parigine. [*beur e’ un
    neologismo entrato in scena negli anni ’80 usato dai ragazzi
    maghrebini ormai naturalizzati francesi per identificare se stessi. Da
    una forma si slang da essi parlata in modo identitario basata sulla
    inversione delle lettere chiamata Verlan. Cosi femme diventa meuf, arabe beur, ecc.]
  2. Essi vengono dagli stessi
    quartieri delle loro vittime. Del resto, chi sono le vittime? Anzitutto
    I liceali, al limite gli altri manifestanti. Poi la polizia.
  3. Violenti, particolarmente violenti. E’ innegabile.
  4. ma occorre anche notare che non
    c’e’ una manifesta premeditazione, dei coordinamenti dei
    quartieri. Questi “Casseurs”diventano in alcuni momenti dei
    manifestanti come gli altri. Alcuni di loro sono anche agitatori negli
    scioperi nei loro collegi. Le frontiere sono sfumate.
  5. Durante gli scontri presso Les
    Invalides abbiamo assistito a delle risse cieche. Gli studenti si sono
    trovati faccia a faccia con la polizia, li i “Casseurs” non
    erano in tanti e molti giovani manifestanti cercavano anch loro lo
    scontro coi CRS.
  6. da notare anche che quando alcuni
    “Casseurs” se la sono presa con alcuni manifestanti
    all’esterno del corteo, praticamente sotto il naso dei CRS,
    questi ultimi non si sono mossi. Essi avevano chiaramente la consegna
    di lasciar correre. Comportamento ben diverso quando si tratta di
    vetture o vetrine.
  7. Da notare infine il numero molto alto di poliziotti in civile nel corteo, proprio nella spianata Des Invalides.

Tre osservazioni.

  1. Questi giovani in collera, violenti, ribelli ma spoliticizzati non sono per caso semplicemente il Lumpenproletariat odierno?
  2. “Violenza del fiume, mai
    delle rive che lo contengono” (Brecht). Occorrera’ pur
    parlare della caccia alla faccia organizzata dai poliziotti nelle
    stazioni parigine I gionri delle manifestazioni “a
    rischio”. I giovani delle periferie con un look hip-hop sanno che
    l’arrivo a parigi con un treno proveniente dalla periferia si
    traduce in una prima manifestazione di segregazione sociale: il
    controllo delle faccie. La seconda ha luogo nei mà©tro delle
    stesse stazioni, qualche metro piu’ lontano. Questi giorni di
    manifestazioni, controllori in soprannumero, accompagnati dai
    poliziotti, sono alla caccia di quelli senza biglietto.Il mio
    bligietto, il mio biglietto di bianco non crea problemi, e’
    appena sbirciato. Mentre I Beurs debbo per forza essere identici alla
    foto sulla loro particolare carta orange. Infine, arrivati alla
    manifestazione, gli sguardi dei liceali, che si scrutano preoccupati,
    anche quelli rinviano ad una classificazione terribile: “teste di
    casseurs”. E quando non si tratta che di apparenze questo
    puo’ tradursi in scene assurde: alcune “teste di
    casseurs” incontrano altre “teste di casseurs”; i due
    gruppi preoccupati di incrociare quelli che considerano
    “casseurs”. Molti giovani neri o arabi che vino nelle
    periferie hanno introiettato che essi non sono I benvenuti nei
    rassembramenti di Parigi, che lo sbarco a Parigi e’ sinonimo,
    come minimo, di asfissianti controlli dei documenti nelle galere del
    mà©tro. Anche in questo, nell’emarginazione e nel confino
    palpabaile, c’e’ violenza. Ma di questi I giornali non
    parlano. Infine, se occorre condannare la violena gratuita dei
    diseredati non ci si puo’ considerare progressisti e continuare a
    guardare i giovani delle periferie ridotti a spaccare tutto come sola
    espressione politica. Che possiamo fare per politicizzare questa
    collera?”

Parigi, 25 marzo

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